L’impronta ecologica che lasciamo sul Pianeta

Un vecchio proverbio masai recita: “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli”.

I gesti che quotidianamente facciamo hanno un peso, anzi più correttamente, lasciano un’impronta ecologica, più o meno pesante, sul nostro pianeta.

Spostarsi in bicicletta, mangiare frutta e verdura del territorio, non lasciare la luce accesa, regolare il riscaldamento di casa su una temperatura ragionevole, sono solo alcuni esempi di come è possibile correggere le scelte e abitudini del nostro vivere quotidiano.

In primis, però, è necessario cambiare la nostra mentalità, non limitandosi a discutere semplicemente di quanto e cosa consumiamo, ma di cosa abbiamo realmente bisogno. Proveremo a farlo insieme durante il Festival Nazionale dell’Economia Civile, che si terrà a Firenze da 29 al 31 marzo 2019.

Quando consumiamo ogni giorno?

Servono davvero 2 o 3 automobili in famiglia? Posso semplicemente utilizzare un bene anziché comprarlo? Posso andare al lavoro, a scuola, al supermercato, al cinema o a teatro con il bus anziché in auto?

L’impronta ecologica, detta Carbon FootPrint, misura la porzione di territorio (terra o acqua) di cui un individuo o una comunità ha bisogno per produrre in maniera sostenibile tutte le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti che produce.

Diversi studi scientifici hanno calcolato che nel 2050 le risorse, che la Terra è in grado di rigenerare in un anno, saranno sufficienti solo per i primi 7 mesi e saremo costretti a intaccare le quelle destinate all’anno successivo.

Oggi l’impronta ecologica degli italiani è pari a 3,8 ettari di superficie a persona, a fronte di una capacità di circa 1,1 ettari. In poche parole, abbiamo bisogno di tre volte e mezzo la quantità di suolo a nostra disposizione. Questo deficit ecologico è in parte colmato da quei paesi che presentano un’impronta ecologica ancora in attivo, ma la tendenza non è incoraggiante.

Le 5 categorie che misurano la nostra impronta ecologica

I nostri consumi possono essere analizzati (e quindi misurati) sulla base di cinque categorie, ognuna delle quali contribuisce alla proiezione di un’impronta specifica.

  1. L’impronta ecologica nutrizionale: ci dice quante risorse abbiamo consumato per portare in tavola il cibo che mangiamo. Il calcolo dell’impronta ecologica di una bistecca racconta quanta acqua e quanta terra sono state consumate per produrla, per allevare l’animale e foraggiarlo e quanta CO2 è stata emessa per portare l’alimento nel nostro piatto.
    Ad esempio, per un solo hamburger di carne bovina sono necessari 2.400 litri di acqua, mentre per produrre 1 kg di carne ci vogliono più di 300 mq di terra. 
  2. L’impronta ecologica abitazioni: è data dalla quantità di suolo occupato per edificare le nostre case, dal consumo di energia e materie prime e dall’impronta che ogni abitante aggiungerà al computo complessivo.
    I fattori che entrano in gioco sono molto complessi e riguardano le metodologie impiegate per costruire la casa, l’isolamento termico, la tipologia di riscaldamento e di refrigerazione ecc. Per non parlare delle abitudini che mettiamo in atto nella nostra quotidianità casalinga.
  3. L’impronta ecologica mobilità: è ancora tra i tasti più dolenti per la società, ma siamo a un punto cruciale di nuove sperimentazioni come la sharing mobility e l’uso di alternative ecologiche all’automobile.
    Per adesso, però, percorre in auto 10 chilometri al giorno per ogni giorno lavorativo della settimana significa consumare una quantità di suolo superiore a 2500 mq. Questo dato scende a 500 mq se ci si sposta in bus e appena 120 mq con la bicicletta.
  4. L’impronta ecologica beni: si intendono il peso dato dalla realizzazione di oggetti come elettrodomestici, capi di abbigliamento o un paio di scarpe. Questi beni di largo consumo incidono in maniera davvero rilevante sul peso dei nostri “passi” sulla terra. Il ciclo produttivo che genera una lavatrice, ad esempio, lascia un’orma lunga più di 2500 mq, mentre uno smartphone costa circa 13 tonnellate d’acqua e 18 mq di suolo.
  5. L’impronta ecologica servizi: consumiamo più di quanto possiamo permetterci anche per accedere a determinati servizi. Telefonare, stipulare un’assicurazione, richiedere il duplicato di un documento di identità, sono azioni solo apparentemente banali. In realtà ogni servizio corrisponde a una rete molto fitta e articolata di risorse da attivare per renderlo accessibile e fruibile.

Certo il percorso è lungo, ma non per questo impossibile. L’importante è attivarsi il prima possibile affinché, come diceva Robert Baden-Powell, si possa: “lasciare questo mondo un po’ migliore di come l’avete trovato”.

Nel frattempo scopri tutti i relatori del Festival Nazionale dell’Economia Civile!